"A cosa mi Selfie?": l'utilizzo dei nuovi media nello sviluppo corporeo adolescenziale.
- Dott. Massironi Luca
- 8 mar 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Sono passati ormai 10 anni da quando Apple fece uscire sul mercato l’iPhone4, il primo smartphone ad avere due fotocamere: una posteriore e una frontale. Sempre nel 2010 veniva lanciata negli store digitali Instagram, una delle App oggi maggiormente utilizzate da tutti, ma principalmente dagli adolescenti.
L’aspetto importante di questa applicazione è che consentiva di usare la fotocamera frontale, facendola diventata un vero e proprio specchio con cui scattare selfie.
Questi autoscatti sono progressivamente diventati uno strumento utilizzato dai più giovani per comunicare a se stessi e agli altri ciò che sono.
La tematica centrale che questi scatti portano con sè è senza dubbio la questione corporea.
Sappiamo bene quanto i cambiamenti puberali stravolgono l’immagine di sè dell’adolescente dal punto di vista fisico e sessuale. Con l’avvio della pubertà il corpo muta in maniera rapida, improvvisa e coglie di sorpresa i ragazzi e le ragazze che di conseguenza provano a controllare inutilmente quanto sta capitando loro. Il vissuto più comune è l’impossibilità di sapere l’esito di tali cambiamenti.
Per cui ogni ragazzo e ogni ragazzi si domanda: “Come sarò? Risulterò attraente agli occhi degli altri? Sarò sufficientemente adeguato/a ai canoni di bellezza?”.
I dispositivi digitali e la telecamera frontale sono entrati in questo caotico flusso di pensiero e di preoccupazione fornendo uno strumento per fronteggiare tali difficoltà. Infatti la possibilità di controllare e monitorare cosa inquadrare di sè, scegliendo l’inquadratura, inserendo i filtri e modellando le espressioni del viso o la postura del corpo ha consentito una progressiva presentazione di sè online sempre più strategica.

Dunque gli adolescenti negli ultimi anni hanno avuto modo di lavorare sul proprio sè corporeo utilizzando gli strumenti che la tecnologia ci ha posto accanto nella vita quotidiana.
Ma la domanda che la psicologia si è posta è: che effetto ha questo fenomeno?
L’ipotesi maggiormente avvalorata risulta la seguente i nuovi media hanno un effetto maggiore dei media tradizionali nell’influenza dell’insoddisfazione corporea.
Per quale motivo? Le foto scattate, le stories, così come i video di TikTok vengono condivisi sui vari social network che i ragazzi e le ragazze monitorano costantemente. Dunque i protagonisti presenti in questi materiali multimediali sono coetanei che si propongono prevalentemente in modalità desiderabile e attraente.
Se confrontiamo questa esperienza con quanto accadeva sino a qualche anno fa, ovvero che il metro di confronto era la modella o l’attore o il personaggio del mondo dello spettacolo visti in Tv o sui quotidiani, quindi distante dalla mia vita quotidiana, oggi il confronto è prevalentemente con i propri pari e dunque particolarmente realistico.
Dunque la questione corporea, estetica e sessuale diventano davvero un elemento centrale nella vita dei ragazzi e delle ragazze, un aspetto con cui devono fare i conti costantemente nel momento in cui estraggono di tasca lo smartphone.
Rutledge, studiando questo fenomeno, afferma che probabilmente questa interazione continua induce ad un confronto sociale basato sull’aspetto fisico; se da questo confronto il soggetto si percepisce come perdente allora è più probabile che emergano problemi relativi all’immagine corporea.
E quindi? A questo punto gli adolescenti proveranno a trovare conferma o disconferma dei loro timori tramite il confronto online, postando foto o video di sè e monitorando i feedback provenienti dagli “spettatori”.
Così ci troviamo di fronte a una generazione sovraesposta, con un viscerale bisogno di mostrarsi in risposta ad una fragilità del Sè.
La rete diventa un palcoscenico per essere visti.
Dunque come adulti abbiamo il dovere di comprendere che gli adolescenti utilizzano questi nuovi strumenti come ausilio per fronteggiare i propri compiti di sviluppo, in particolare la questione corporea. Per questo motivo non dobbiamo porci nè in una posizione completamente giustificante, nè in una posizione che stigmatizzi in toto questi comportamenti.
Però è bene ricordare che tale fenomeno può comportare problematiche patologiche quali la “Retomania per azione”, ovvero l’utilizzo della rete come serbatoio di stimoli, inseguendo una spasmodica necessità di successo.
Come adulti abbiamo il dovere di porgere uno "sguardo di ritorno" all’adolescente che comunichi apprezzamento per la persona nella sua totalità e non solo nell’estetica, nonchè educarlo a fare lo stesso nella sua vita quotidiana nelle relazioni con i pari.
E’ vero che la tecnologia il più delle volte prevede un primo utilizzo nelle giovani generazioni che poi si espande a macchia di olio anche nelle generazioni adulte e le regole del gioco vengono dettate proprio dai nativi digitali, ma non possiamo pensare che le modalità di un corretto utilizzo possono essere decise esclusivamente dai ragazzi: la tutela spetta sempre agli adulti.
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